Acoustical Losses

Acoustical Losses

LE DISPERSIONI ACUSTICHE DELLA TAMPONATURA

J.W. COLTMAN

In un articolo del 1993 presi in esame le varie perdite meccaniche che avvengono nel flauto. Queste perdite sono determinanti per il dosaggio dell’energia dell’aria necessaria per ottenere un certo volume di suono. Le dispersioni di cui abbiamo discusso includevano quelle inerenti le pareti del tubo dovute agli effetti della viscosità e della temperatura, alla formazione di vortici e turbolenze in prossimità dell’apertura di questo, all’irradiazione dell’energia del suono ed alle perdite dovute alle non efficienti chiusure dei tamponi. Gli esperimenti condotti da Jim Schmidt , usando un tester da lui progettato, evidenziarono che apprezzabili perdite acustiche possono verificarsi negli stessi tamponi, anche quando chiudono perfettamente. Il lavoro qui riportato si pone l’obiettivo di investigare ulteriormente in questo campo e a questo proposito sono immensamente grato e riconoscente a Jim per l’apporto e l’aiuto del suo lavoro.

Teoria e Procedure

Per misurare le dispersioni che avvengono nei tamponi, si è utilizzato un tubo del diametro di 19 mm (lo stesso del flauto) su cui è stato fatto un foro e posizionato un caminetto del diametro di 14mm. A qualche millimetro di distanza dal caminetto è stato poi posizionato sul tubo un microfono piezo-elettrico. Sempre sul tubo, alla distanza di 33,3 mm dall’estremità superiore, è stato infine posizionato un altro foro per accoppiare un altro piccolo microfono. Per inviare onde sonore all’interno del tubo si è usata una fonte sonora ottenuta da un altoparlante e un cono a smorzamento esponenziale. Le onde riflesse dalla fonte erano assorbite dallo smorzamento all’interno dello stesso cono. A livello del microfono più piccolo si nota una pressione acustica risultante dalla somma algebrica dell’onda che sta percorrendo il tubo e di quella di ritorno dall’estremità di questo. Quando un quarto della lunghezza d’onda della frequenza è pari alla distanza dal microfono all’estremità del tubo, la pressione è pari alla differenza tra l’ampiezza dell’onda che sta percorrendo il tubo e l’onda riflessa. Se non ci fossero perdite l’ampiezza delle onde dovrebbe essere uguale e la pressione dovrebbe essere zero. A causa dell’attenuazione da parte della parete del tubo sulle onde, invece, la pressione minima misurata al microfono è finita ed è pari all’attenuazione stessa. Se, inoltre, si verificano dispersioni nel tampone e nell’estremità del tubo, questa pressione minima sarà leggermente superiore. La dispersione del tampone è determinata dalla differenza tra la pressione minima con il tampone chiuso e quella con il foro tappato perfettamente mediante un supporto rigido. Siccome si tratta di piccole differenze in numeri il cui ordine di grandezza è già di per sé piccolo, la precisione è correlata ai tipi di dispersione che si sono riscontrati nell’esperimento. La frequenza minima rilevabile è vicina ai 252 Hz, approssimativamente un Si grave del flauto. Alcune misure sono state fatte anche a 3 /4 della lunghezza d’onda, pari a 765 Hz. Le perdite del tampone si misurano attraverso la sua conduttanza acustica, che è la corrente acustica o la velocità volumetrica, prodotta dalla pressione acustica. In unità CGS l’unità di misura della conduttanza è il mho (che equivale a 1/ohm, l’unità di misura della resistenza. n.d.r.). Il micromho, un milionesimo di mho, abbreviato qui come umho, è la misura più pratica per le conduttanze prese in esame in questa sede. La stessa unità di misura è adatta per la misurazione delle perdite a pressione costante. Per fornire un ordine di grandezza della misura del umho, la perdita che permette ad un cc/sec di aria di defluire alla pressione di un pollice di acqua ha una conduttanza pari a 402 umho. La formula per la conduttanza delle perdite del tampone misurata in questa sede è Ga= G(Pa/P-1), dove Pa e P sono le pressioni dei microfoni misurate con il tampone e con una perfetta chiusura del caminetto, tenendo costante la pressione al microfono posto all’estremità. G è la conduttanza dovuta alle perdite nella parete del tubo ed è misurata separatamente determinando il Q del tubo e calcolando G= n/4QZ, dove n è il numero dei quarti di lunghezza d’onda nel tubo e Z la sua impedenza caratteristica. La procedura consiste inizialmente nel derivare un valore G per il tubo chiuso misurando il Q. Questo richiede una unica misurazione poiché le perdite del tubo sono fisse e stabili, misurare il P minimo quando il caminetto è chiuso ermeticamente e notare il valore misurato dal microfono. Sostituire il tampone, ritornare a leggere il valore misurato dal microfono e riportare questo allo stesso valore agendo sull’amplificazione della portante, misurare il Pa e riportare la nuova lettura del microfono piccolo. Potrebbe essere necessario intervenire leggermente sulla frequenza e il tampone potrebbe inserire delle piccole reattanze. Siccome le perdite nel tampone sono minimamente comparabili con quelle del tubo, Pa e molto vicina a P. Questo richiede misurazioni multiple con sostituzione della chiusura ermetica del foro e controlli del P. Ad esempio, il Q del tubo era 42,1 a 251 Hz, dando un valore per G pari a 1265 umho. Il valore tipico di P e Pa con caminetto chiuso ermeticamente e con tampone potrebbe essere 6,7 e 6,75, dando un Ga= 9 umho. Il valore di Ga determinato in questa fase include tutte le perdite dovute alla non perfetta chiusura, che comprende sia le perdite proprie del tampone che quelle dovute alla rondella ed alla vite di fissaggio. Di conseguenza, un significato a sé è stato dato per determinare le perdite sotto una pressione costante dell’aria. Il tubo descritto sopra era separabile ad un punto pari a circa 7,3 mm al di sopra del centro del caminetto. Questa piccola sezione conteneva la chiave per la chiusura del caminetto e il sistema di chiusura del tubo stesso. Poteva essere montata su un supporto fisso per la misurazione delle perdite. Un piccolo inserto in polietilene era stato inserito e fissato con un O-ring in modo che potesse facilmente scorrere all’interno del tubo senza che ci fossero perdite. Un foro nell’inserto ospitava il raccordo a T dove erano collegati da una parte, attraverso un tubo di gomma e plastica, un misuratore di pressione e dall’altra una sorgente di aria. Con il tampone chiuso, l’aria era introdotta nel tubo usando una pompetta o l’imboccatura. Nel tubo era stata inserita una quantità d’aria tale da mandare il misuratore di pressione a fondo scala (che era di due pollici di acqua). Il tubo sorgente era stato bloccato e l’attenuazione della pressione sincronizzata con il passaggio dell’ago su determinati punti della scala. L’attenuazione risultava esponenziale, e la costante di tempo (il numero di secondi di smorzamento 1/e) era derivato dalle letture. La temporizzazione era integrata da un piccolo programma scritto in Basic che permetteva al computer di mostrare le volte in cui la barra spaziatrice era rilasciata. Il calcolo della costante di tempo e il flusso era stata facilmente data con un programma di tabelle (Excel) che produceva una linea guida per le letture.

L’unità era stata calibrata per determinare quale perdita di aria corrispondeva ad un cambio di lettura di pressione, visto che una parte del condotto non era dovuto alla compressione ma all’espansione del soffietto (mantice) nel misuratore di pressione. La calibrazione era stata fatta chiudendo il tubo sorgente e muovendo l’inserto nel tubo fino ad ottenere un cambio di lettura della pressione data. La dimensione dell’inserto ed il suo movimento si rivelarono sufficienti alla calibrazione. L’ordine di grandezza delle perdite fu abbastanza piccolo da dare le costanti di tempo in centesimi di secondo, al contrario di ciò che avvenne con la misurazione delle perdite acustiche, con conseguente aumento della precisione nella misurazione di queste.

L’entità delle perdite

Le perdite nei tamponi si rivelarono molto piccole se comparate a quelle del tubo. C’era tuttavia il bisogno di fornire alcune misurazioni di quanto queste perdite potessero essere determinanti nella soddisfazione della performance dello strumentista o, nell’ottica del tentativo di ridurre queste, quali fossero i valori “accettabili”. A questo scopo dei dischi in grado di provocare perdite calcolate furono sostituiti ai tamponi.

Al centro acustico del tubo di un flauto provvisto del foro di imboccatura e che chiuso provocava una nota pari all’incirca ad un Si basso (247 Hz), era stato piazzato un foro chiuso da un disco che produceva una perdita nota pari a 280 umho. La perdita poteva essere controllata attraverso il dito che agiva sul foro. Quando si soffiava nel flauto, non si rilevavano differenze di volume di suono tra la posizione aperta e quella chiusa. Il flauto era stato anche fornito di un microfono all’altezza del tappo di intonazione. Quando l’insufflazione avveniva in maniera artificiale, attraverso una posizione più stabile di quanto fosse possibile con l’insufflazione, il microfono di uscita registrava una variazione pari circa all’8% nell’ampiezza tra il foro aperto e quello chiuso. L’ascolto attento nelle due condizioni poteva a mala pena rivelare un piccolo cambiamento in termini di volume. L’esecuzione da parte di un flautista era stata salvata su un file .wav utilizzando il segnale proveniente dal microfono e il foro era stato aperto e chiuso ad una frequenza di circa 3 volte/sec. La rappresentazione grafica del segnale sul computer mostrava una instabilità nell’ampiezza che mascherava gli eventuali cambiamenti dovuti all’apertura ed alla chiusura. Tuttavia, si potevano notare i battiti cardaci del flautista, un effetto inusuale che commenteremo quando ci occuperemo del suono del flauto! Si concluse che aggiungendo una conduttanza di 280 umho al punto massimo di pressione, suonando il si si causava una perdita aggiuntiva che risultava impercettibile sia per l’esecutore che per l’ascoltatore. La maggior parte delle misurazioni sono state fatte sul Si grave poiché era in questa condizione che tutti i tamponi erano coinvolti e, contemporaneamente, le perdite del tubo risultavano massime e l’uscita del tubo la più debole. I tamponi chiusi nella posizione del si grave sono 14. Ognuno di loro era soggetto ad una pressione differente, che era massima nel tampone sottostante la chiave del pollice, e decadeva sinusoidalmente a zero nel punto subito successivo all’estremità aperta del trombino. Perciò, nel calcolo dell’influenza dei diversi tamponi, bisognava tener presente che ogni tampone operava ad una pressione differente e partecipava con una minore influenza alle perdite totali di quanto non avrebbe fatto se messo nel punto di massima pressione nello strumento. Per il si grave, se ognuno dei 14 tamponi aveva la stessa conduttanza, l’effetto totale sarebbe stato uguale alla conduttanza di 9,5 come quei tamponi posizionati nel punto di massima pressione, dove era posizionato il tester dei 280 umho. Dividendo 280 per 9,5 si ottenevano circa 30 umho, che poteva essere considerato ora come limite conservativo superiore accettabile per la conduttanza di ogni singolo tampone.

Tutte le misurazioni riportate qui sono state ottenute usando un diametro del foro di 14 mm, diametro tipico dei fori della mano destra. I fori della mano sinistra erano un po’ più piccoli perciò si poteva pensare che anche le loro relative perdite potessero essere inferiori. Di conseguenza i fori del trombino dovevano invece avere delle perdite maggiori anche se soggetti ad una pressione minore. Al si grave, i quattro tamponi insieme contribuivano solo per il 10% alle perdite totali se tutti i tamponi fossero stati uguali, quindi non si era ritenuto necessario effettuare tests con misure di tamponi diverse. I test effettuati a 765 Hz hanno mostrato risultati simili a quelli effettuati a 252 Hz ma a questa frequenza (Fa # medio) la distribuzione della pressione all’interno del tubo generava una perdita uguale in tutti i tamponi ed era pari a quella di soli 5 tamponi alla pressione massima. Una situazione simile si registrava per il re medio, dove erano in uso 12 tamponi, ma il loro effetto totale era simile a quello di 4 tamponi. Perciò, effettuando il test a 252 Hz e fissando il limite superiore a 30 umho, ogni singolo tampone sembrava avere un criterio conservativo per una performance soddisfacente al di là dell’intero range di operatività del flauto.

Il montaggio del tampone Il caminetto sul quale erano montati i tamponi era stato rettificato con una mola diamantata e poi finito con carta abrasiva a grana 600. Questa carta era stata utilizzata per smussare i profili esterni molto taglienti dei cigli dei fori in conseguenza alla rettifica, mentre il resto del ciglio era stato mantenuto a sezione semicircolare, come avviene nella maggior parte dei flauti. I tamponi erano posizionati dentro i relativi tasti i quali avevano solo un corto asse e la relativa cannetta. Il tasto ed il tampone erano fissati direttamente sul caminetto e non fissati ad un asse pivotante. In questo modo non c’era bisogno di spessorare il tampone per cercare il piano; era necessario solamente garantire il piano del tampone. Due torrette regolabili erano montate sul tubo del flauto posteriormente al caminetto. Erano messe in modo che quando il tasto era in contatto con loro fosse centrato rispetto al caminetto stesso. Una terza colonnina era posizionata in corrispondenza dell’albero al fine di fissare la rotazione. Queste colonnine non impedivano il movimento verticale dovuto alla compressione del tasto, assicuravano invece che, qualora fosse rimosso, il piattello potesse essere posizionato sempre esattamente nella stessa posizione. Alcuni plateaux erano di tipo tradizionale, con spessoratura tramite rondelle di carta (o, nel caso di tamponi Straubinger, con i relativi stabilizzatori) per garantire il piano sul caminetto. In altri casi era stata utilizzata una fine rondella in ottone come supporto. Un piattello era stato riempito con un sottile strato di lega d’argento e poi, usando un tornio, era stato ricavato un piano rettificato all’interno di esso. La maggior parte dei tamponi era stata montata in maniera tradizionale, usando una rondella e una vite di fissaggio. Delle piccole rondelle montate tra vite e rondella (fornite da Jim Schmidt) garantivano l’assenza di perdite in questo punto. Erano poi state usate delle tradizionali pelli in vescica che, una volta montate sul tampone, erano state inumidite, stirate per eliminare le grinze, re inumidite e, attraverso delle pinze, lasciate in forma per alcune ore. Per creare un termine di paragone di “tenuta perfetta” era stato utilizzato un disco di gomma , dello spessore di 5 centesimi di pollice, incollato sul fondo di uno spesso disco di polietilene la cui tenuta veniva garantita dall’uso di una robusta clip. Comparando il grado di chiusura di questo sistema con quello di uno spesso disco di ottone sigillato con un sottile film di olio, non si notavano perdite supplementari.

La forza Sia le perdite acustiche che quelle di chiusura dipendono dalla forza applicata alle chiavi. Usando un piccolo trasduttore posto tra i polpastrelli e le chiavi di un flauto, sono state comparate le forze applicate dalle dita sulle chiavi da vari strumentisti, sia professionisti che amatori. La forza variava sostanzialmente in base all’esecutore, al numero di dita usate e alla nota suonata, in un intervallo tra 100 e 350 g, con una media di 185 g. Una descrizione ed una analisi dettagliata dei risultati fu fornita ai flautisti solo dopo i test. In molti casi ogni dito azionava una chiave. Nel caso del sib il primo dito della mano destra chiudeva tre chiavi per cui la forza applicata dal dito era divisa sulle tre chiavi. Nella maggior parte dei casi, invece, le chiavi azionate erano due. Se teniamo questo come riferimento, la forza media applicata da ciascun dito era di circa 90 g. La chiave era tenuta aperta tramite una molla la cui forza era, a seconda del tipo di strumento e della chiave, più o meno 20 g per i flauti professionali e 25 g per quelli da studio. Questo faceva si che la forza effettiva richiesta sulla chiave fosse pari a circa 70 g per cui le variazioni erano da ricercarsi mediamente intorno a questo valore. La forza applicata nelle misurazioni andava da 50 a 100 g di peso. La forza applicata al centro della chiave era stata ottenuta in due modi. Nel primo era stato utilizzato un sistema dove una leva con fulcro sulla chiave aveva la parte corta di questa agganciata ad un filo, il fulcro era fissato sulla chiave e la parte lunga era fornita di una slitta con un peso che, a seconda di dove veniva posizionato, esercitava una pressione maggiore o minore sulla chiave. Sotto certe condizioni, tuttavia, si notava che questa andava in risonanza con la frequenza del suono applicata falsando alcune letture. Lo stesso valeva se la leva era costituita da un unico braccio fornito di un determinato peso che agiva direttamente sulla chiave. Per questi motivi l’uso delle leve nei test acustici fu abbandonato, anche se continuò ad essere utilizzato per i test statici. Un secondo metodo, usato nella maggior parte dei tests, consisteva nell’applicare la forza sulla chiave tramite una molla che aveva una estremità sulla chiave e l’altra legata ad una slitta fissata sotto il flauto e che, a seconda di dove veniva posizionata, esercitava più o meno forza sulla chiave. Anche questo sistema mostrava delle piccole risonanze intorno ai 766 Hz, ma spariva del tutto a frequenze vicine ai 259 Hz. Le forze quotate di seguito sono quelle applicate alla chiave, non includenti quindi il peso della chiave e quello del tampone che erano di circa 6,5 g.

Risultati

La tavola 1 riassume i risultati per i test sui vari tamponi a 252 Hz. I numeri dati per la conduttanza sono la media di diverse letture, in alcuni casi prese in momenti differenti e dopo la re-installazione del tampone. Le linee indicate con “totali” mostrano le perdite acustiche e includono tutte le perdite di chiusura come mostrato nella riga sottostante. La differenza tra questi due dati rappresenta le perdite acustiche che risiedono nel tampone stesso. C’è una variazione nelle medie che può essere di circa 3umho, tuttavia i risultati nel loro insieme rappresentano una panoramica abbastanza verosimile di tutto il sistema in generale. La tabella 2 mostra i risultati di alcuni tamponi a 765 Hz. Si noterà che, contrariamente a molti risultati a 252 Hz, alcuni tamponi mostrano valori maggiori di conduttanza in corrispondenza di una maggiore forza applicata sul tampone rispetto ad una debole. In tutti questi casi, la risonanza della molla di carico è apparente al punto che i valori letti su alcune chiavi erano falsati dal semplice sfioramento della relativa molla di carico. La risonanza aumentava proporzionalmente al carico della molla e non era completamente assente quando la chiusura era fatta dal dito al punto che, ad un graduale aumento della pressione del dito sulla chiave, corrispondeva un picco di valore di conduttanza che poi diminuiva nuovamente. La risonanza potrebbe non essere semplicemente una caratteristica del sistema di misurazione ma una variante realmente presente nel normale utilizzo dello strumento. Notate che i tamponi Straubinger e JS sono esenti da questo fenomeno, mentre i tamponi sintetici 940, tamponi particolarmente “reattivi”, mostrano forti caratteristiche di risonanza, anche a 252 Hz, come indicato dal valore di 120 umho a 80g di forza.

Discussione

Le misurazioni effettuate in questo esperimento mostrano che i tamponi possono introdurre perdite acustiche e perdite dovute a difetti di chiusura. Queste misurazioni non sono precise, in parte a causa delle limitazioni del metodo, ma soprattutto perché le perdite di conduttanza sono strettamente dipendenti dal modo in cui il tampone è fissato nel piattello e da com’è stato trattato durante l’installazione. Le perdite minime e la migliore ripetibilità si sono ottenute quando il tampone era supportato uniformemente su tutta la superficie attraverso il controllo del piano del fondo del piattello o, come nel caso dei tamponi Straubinger o JS, con l’utilizzo degli stabilizzatori. Le perdite di conduttanza alle alte frequenze (765 Hz, pari all’incirca ad un Fa# nell’ottava media del flauto) erano generalmente maggiori ed evidenziate in alcuni casi da effetti di risonanza. Tuttavia, la tolleranza del flauto a queste ulteriori perdite alle alte frequenze è considerevolmente maggiore poiché le perdite nei tamponi rappresentano una piccola percentuale rispetto alle perdite totali, e la qualità di molti tamponi negli ultimi tempi è migliorata. Il comportamento alle basse frequenze invece è più critico. In generale si può concludere che la maggior parte dei tamponi utilizzati oggi hanno, se installati in modo appropriato, perdite acustiche che non causeranno significative perdite nel suono e nella qualità del timbro dello strumento. Ci sono naturalmente altre considerazioni nella scelta dei tamponi, come il “feeling” che generano sotto le dita, la rumorosità, la durata, i fenomeni di incollaggio al caminetto. Queste cause, tuttavia, non erano l’oggetto di questa ricerca.